Mi rifiuto di credere in una scuola che annulla il pensiero e presenta il rap come una minaccia

Provare ad avvicinare i ragazzi alla giustizia è, va da sé, irrimediabilmente giusto. Mi sento favorevole all’organizzazione di incontri con le forze dell’ordine nelle scuole, perché potrebbero nascerne preziose occasioni di scambio. Se c’è una cosa a cui però sono contrario è la cultura del pregiudizio. Se per rendersi seducenti, le istituzioni hanno bisogno di un nemico facile, di un capro espiatorio, finiranno per essere repulsive. Il rap ha proliferato nelle strade, nei centri sociali, in contesti di disagio, e ha sempre visto nella divisa una nemesi.

La scuola deve schierarsi con la giustizia, ma deve anche, e soprattutto, schierarsi con l’educazione. Da futuro insegnante, il racconto dell’Elfo mi demoralizza, perché l’idea che ho io della scuola non è quella di un’accademia militare, manichea, che divide le persone in buoni e cattivi, che prende certe rappresentazioni artistiche o culturali e le bolla come brutte o, peggio, pericolose. Mi dispiace pensare che a scuola, piuttosto che trasmettere l’amore per la musica, venga inculcata l’idea che il rap sia pericoloso, una cosa da cui prendere le distanze.

Nella scuola dei miei sogni, prima di proiettare l’immagine dell’Elfo e presentarlo a dei ragazzi (che magari lo stimano e lo apprezzano) come il cattivo da cui prendere le distanze, come il mostro da sbattere in prima pagina, le canzoni dell’Elfo vengono ascoltate, problematizzate, contestualizzate. Stigmatizzare l’operato di un artista significa stigmatizzare i gusti musicali di tutte quelle persone che lo ascoltano; in un contesto scolastico significa annullare il pensiero di un giovane a cui l’Elfo piace, farlo sentire nel torto, fargli maturare una repulsione nei confronti dell’ennesimo tribunale che si trova davanti.

Ed è lecito che un ragazzo catanese di 16 anni si senta più rappresentato dall’Elfo che dalla polizia, che la cosa piaccia o meno. Il ruolo delle forze dell’ordine è quello di proteggere la gente dai pericoli reali, e il ruolo della scuola è quello di educare al pensiero. Forze dell’ordine e scuola, dunque, possono collaborare per far capire ai ragazzi che la violenza rappresentata, per essere artistica, deve rimanere rappresentazione. La censura non può essere un’opzione, mai.

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