“Money Rain” di Capo Plaza e Lazza – Analisi del testi

In molti film e in molti video musicali si vede spesso qualcuno, in posa da gangster, lanciare delle banconote sulle ballerine di qualche strip club. Da qui deriva l’espressione dello slang americano “Make it rain“, far piovere il denaro. Metaforicamente, l’espressione indica delle abitudini di spesa sfrenate, ostentative. La Money Rain è dunque una pioggia di denaro, vista forse dalla prospettiva di chi ne viene bagnato, mettendo in risalto l’idea di un guadagno sfrenato, più che della spesa. In ogni caso, è uno scenario che si inserisce in una cornice di dissipatezza che rende la vita confusa, tanto che, come scrivono Lazza e Capo Plaza, in questa canzone contenuta nel disco “Ferite” dell’artista salernitano, “è tutto un bivio”, e fidarsi diventa impossibile (“Chi sono gli amici? Chi sono tutti gli altri?”).

L’atmosfera della narrazione non è per nulla arrogante, per nulla sorniona, ma assolutamente triste e disillusa: “Asciuga le lacrime / Fin troppe le favole qua”. L’unica consolazione in una vita labirintica fatta di denaro e relazioni finte è la consapevolezza di riuscire a “fottere il destino“, a esserne artefici, come vuole la locuzione latina Homo faber fortunae suae. Essendo responsabili della loro sorte, gli autori si sentono responsabili anche di tutte le conseguenze che ne derivano.

Fotto il destino, sto ancora in giro sotto sta money rain

Quali effetti ha questo successo spettrale nella vita privata, nella vita di coppia? Luca ce ne parla nella sua strofa, e c’è una frase che più delle altre spiega bene il concetto: “Tutti questi soldi ci hanno reso diversi […] E non cambio mai, urli fino a tarda notte, ma non capirai”. I soldi possono cambiarti, possono addirittura formarti, e quando si hanno tra le mani delle redini tanto brillanti, diventa difficile smettere di voler esercitare un ascendente sul proprio destino e sul proprio successo, anche per amore. Ed è così che una storia si trasforma in una bolla apatica (“Ma la pioggia non ci bagna, nulla ci fa male”) in cui le uniche emozioni si provano litigando.

La strofa di Lazza è un po’ più complicata, ma proviamo comunque a fare chiarezza: si parte sempre da quell’incomunicabilità, tema molto presente in buona parte della sua discografia. L’idea è che l’autore ammetta di essere un inguaribile bugiardo, e che la ragazza con cui parla sia attratta da questo lato oscuro: lei non fa altro che trovare scuse, giurando e spergiurando, e lui finge di accettare un atteggiamento tanto passivo. “Cadrai tra le braccia di Giuda” è la previsione del rapper, che legge qualcosa di malsano in un modo di fare simile.

Un altro topos che Lazza usa spesso è quello dell’amore che si trasforma in odio: in Money Rain questo rancore è forte tanto che l’uomo arriva a essere per la donna un “pessimo slogan“, qualcosa che si ha paura di dire ad alta voce, un’idea che non si ha nessuna intenzione di far propria. Dal discorso sull’amore si passa a quel binomio soldi-fiducia su cui si regge la canzone (“Si fingono tutti squali nel campo” o “Non sei chi dici, ti sgamo dai modi”).

La strofa si conclude con un interessante gioco di rime in cui Jacopo mette giù un po’ di quella spocchia che lo ha reso famoso, soprattutto all’inizio: “Scappati di casa, tre K dai lobi” è la classica celebrazione del proprio successo, dal non avere nulla al possedere gioielli costosi; poi l’attacco verso chi si riempie di illusioni, facendo castelli in aria, e la parola Cairoli fa riferimento al largo che si trova a pochi passi dal Castello Sforzesco di Milano; poi la chiusura nuovamente autocelebrativa, in cui quel “noi” (l’artista e il suo team) si presenta come un gruppo di leoni a Nairobi (capitale del Kenya, in Africa) in contrapposizione agli altri, le gazzelle.

Insomma, Money Rain è un interessante finestra all’interno della vita di una star, dove spesso a brillare sono solo le collane.

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