Papà di un alunno prende a testate l’insegnante per una nota

La scuola deve essere un posto sicuro per gli studenti, ma deve esserlo anche per gli insegnanti. Ed è vero che insegnare in certi contesti è più una missione che un lavoro, ma in ogni caso sono necessarie delle tutele, non si può permettere a un genitore di intervenire con violenza perché non apprezza un provvedimento, è assurdo.

Eppure tutto ciò è successo davvero in un istituto di Monza, dove il papà di un alunno ha fatto irruzione a scuola per poi prendere a testate il docente, colpevole di aver messo una nota al figlio che disturbava in classe. Per quanto possa ritenersi sbagliato o inutile il sistema delle note disciplinari, non si è certo autorizzati a risolvere il problema alla vecchia maniera, tanto meno quando si parla di scuola.

Esistono però famiglie in cui mancano le basi per fornire ai figli un’educazione sana e civile, e a volte queste famiglie impediscono perfino alla scuola di colmare quei vuoti. Se un alunno viene da un contesto di disagio, e si è consapevoli che un evento come quello descritto potrebbe verificarsi, ha senso da parte di un insegnante ridurre la portata dei suoi rimproveri? Oltre a delle tutele che dovrebbero partire dall’alto, dalle dirigenze, io metterei in atto, piuttosto, un ripensamento dell’architettura stessa del rimprovero, a chiunque esso sia rivolto.

Se è vero che educare vuol dire tirare fuori quello che c’è dentro, qual è il senso delle note disciplinari? Cosa si tira fuori, oltre alla rabbia e alla frustrazione, mettendo nero su bianco un giudizio tranchant su una condotta che con tutta probabilità rimarrà uguale. Ovviamente qui la colpa non può in alcun modo essere dell’insegnante, a cui va tutta la mia solidarietà, ma superando il caso specifico, non sarebbe più costruttivo sforzarsi di adeguare la didattica anche al caso più disturbante? Non avrebbe più senso trovare delle parole giuste e provare a parlare prima con i genitori per capire come far vivere meglio la scuola ai figli?

Forse sono delle soluzioni utopistiche, le mie, ma sogno una scuola dove insegnanti, alunni e famiglie non sono nemici, ma elementi armoniosi di un ecosistema il cui fine ultimo è quello di far crescere, di educare, appunto.

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